Monte Autore

La più leggera delle escursioni, e adatta a tutti, sui Simbruini


Il monte Autore è una delle principali vette dei Simbruini, la terza in ordine di altezza con i sui 1854 mt, preceduta solo dal monte Tarino e dal Cotento, l’unico di questa boscosa catena montuosa a superare, anche se di poco, i 2000 mt. Queste secondaria catena, disposta con asse principale da Nord-Ovest verso Sud-Est, si eleva dolcemente con un complesso di modesti rilievi boscosi e piccoli pianori carsici (Campo dell’Osso, Camposecco, Campo di Pietra …) fino al monte Autore per sprofondare subito dopo nella profonda valle del Simbrivio, la zona è quella dove sorge santuario della SS. Trinità, e risalire poi perentoriamente fino alle due cime più alte del gruppo che ho già citato, il Tarino e il Cotento. I paesi di Cervara di Roma e Camerata Nuova sono le porte di ingresso a Nord, il letto del fosso Foio fa da confine tra Lazio e Abruzzo ad Est, di là dal fosso si rialzano monti Carseolani (quelli del monte Midia, del complesso Navegna/Cervia per capirci), il fiume Aniene invece è il confine del parco verso Sud- Est. Curiosa e inevitabilmente logica è l’origine del nome di questi monti: Simbruini deriva dal latino “sub imbribus” che sta a significare “sotto le pioggie”, non a caso questa catena sub-appenninica, insieme al quelle vicine, Carseolani, Cantari ed Ernici sono le montagne con incidenza di pioggia più alta tra tutte, le precipitazioni superano anche i 2000 mm annui, chi di noi escursionisti non lo sapeva di certo lo avrà intuito a proprie spese; ultima curiosità il monte Autore è l’ultima propaggine della provincia di Roma su quel versante. Il monte Autore è una montagna frequentatissima e tante sono le vie per salirla; se si fa partire l’escursione dalle varie piane come Camposecco o Campo di Pietra ad Est si sfiorano i 500 mt. di dislivello, il doppio, se partiamo dalla valle del Simbrivio, o meglio ancora dal Fosso del Tartaro nei pressi di Vallepietra. Lo si può raggiungere anche dal santuario della SS. Trinità coprendo in sei chilometri tra andata e ritorno un modesto dislivello di 500mt. Diventa invece meta suggestiva e panoramica di una piacevole passeggiatona se si decide di partire dall’altopiano di Campo Minio poco oltre Campo dell’Osso ultimo avamposto della stazione sciistica di Livata, in questo caso il dislivello è davvero minimo arrivando appena ai 250 mt. In questo periodo è gioco forza doversi accontentare di quest’ultima opzione; senza accumulare chilometri e dislivello andremo a prendere i profumi e gli orizzonti che ci mancano. Non sarà un racconto di un giro elettrizzante, magari servirà a qualcuno per uno spunto per passare poche ore divertenti all’aria aperta e magari con i bambini. Usciamo dall’autostrada a Vicovaro, percorriamo alcuni chilometri della Tiburtina fino a girare a destra sulla strada provinciale 411 Sublacense direzione Subiaco, che non raggiungiamo però; seguendo i cartelli per monte Livata prendiamo poco prima del paese la “tangenziale di Subiaco”, quando passiamo davanti all’ospedale Angelucci siamo sulla provinciale 40a, ancora una svolta a destra con l’immancabile cartello per Livata e siamo sulla 40b che diventa stretta e da subito immersa nel bosco prende a salire con svariati tornanti; non la si abbandona più fino al Livata, dove immancabilmente si respira un clima da momenti migliori per non dire di abbandono. La oltrepassiamo, seguiamo i cartelli per Campo dell’Osso ed i boschi diventano quelli dei Simbruini, fusti dei faggi alti e radi, sottobosco pulito una medicina per le nostre anime cittadine. Poco dopo, oltrepassate le ultime case e alcuni punti pic-nic la strada diventa brecciata ma percorribile, accanto scorre il sentiero che in questo punto davvero non ha senso prendere. Continuiamo in auto fin dove ci viene permesso, nei pressi del piccolo osservatorio, nel mezzo di uno splendido pianoro carsico, Campo Minio, un cartello di divieto di accesso ci obbliga a parcheggiare. Continuiamo a piedi sulla larga carrareccia, la pendenza è minima, per poco più di un chilometro fino ad arrivare ad un meraviglioso affaccio che non a caso prende il nome di “Le Vedute”; davanti la profonda valle boscosa che scende verso il Fosso del Tartaro e Simbrivio, contenuta sulla sinistra dal colle della Tagliata alle cui pendici spicca il santuario della SS. Trinità. Mentre prendiamo a sinistra il sentiero che entra nel bosco e che sale alla vicina vetta del monte Autore arrivano un paio di macchine e si parcheggiano nel piazzale alla faccia di tutti i divieti del mondo e soprattutto di chi ha rispetto dei luoghi. Ma la forestale, mi chiedo, c’è solo quando metti una ruota su un manto erboso al limitare della strada e sempre vicino ai centri turistici? Prendiamo a salire in mezzo a radici sporgenti al limitare del bosco, poco sopra lo spigolo della dorsale erbosa che scende dalla vetta ci vieta l’orizzonte. Raggiungiamo in pochi minuti la cima, quando si esce dal bosco sono già ben visibili le croci che la sormontano (addirittura 2!!!). Bello il panorama che si gode dalla vetta, in fondo anche se non abbiamo fatto in tempo nemmeno ad iniziare a sudare, è pur sempre la terza cima di questo gruppo; verso Sud, qualche centinaia di metri più basso e ad un paio di chilometri di distanza il colle della Tagliata ci vieta la vista sul santuario, continuando verso l’orizzonte dietro il colle della Tagliata, si confondono le linee del Tarinello e del Tarino, e più lontane, che girano verso Ovest, le sagome dei Cantari, del Viglio e del più lontano Crepacuore, ad Est sono precisi come in una cartolina i tre monti gemelli, Sevice, Velino e Cafornia, ; non male per questa modesta montagna. Tralascio ogni commento sull’artistica croce e su quella posticcia in legno pochi metri dietro che distinguono questa vetta, riprendiamo a scendere sulle radure dalla parte opposta di dove siamo saliti; quando il pendio inizia ad aumentare inizia il bosco, la dorsale vira verso Sud, una radura tra il bosco suggerisce nettamente la linea da seguire. Si scende e si perde quota lungo una un’ampia cresta, una croce in legno su uno sperone più sotto è la prossima tappa. Guardo Marina, mi pare stia bene e che abbia ancora voglia di sgambettare, suggerisco di porci come obiettivo il santuario, e accetta di buon grado. Riprendiamo su un ampio sentiero che prende a sinistra ed entra nel bosco, ancora in discesa; un centinaio di metri e arriviamo alla bella fonte degli Scifi dove il sentiero vira decisamente a destra. Ora in leggera discesa per un mezzo chilometro fino ad un altro bel balcone che da sulla valle del Simbrivio, siamo su un apio pratone, Passo Procoio, quota 1598 mt. Qualche dubbio se raggiungere il santuario mi viene nel frattempo, da qui sono 250 i mt di dislivello da coprire e tutti in discesa, poco più di una passeggiata di un chilometro quasi due, significherebbe però un ritorno tutto in salita di quasi cinquecento metri di dislivello fino alle Vedute che davvero ho temuto essere troppi e capaci di far diventare una bella giornata un calvario doloroso. Rientriamo per lo stesso sentiero fino alla fonte degli Sciti e fino allo sperone con la croce; da qui non risaliamo la vetta ma tagliamo su un sentiero che traversa le coste del monte Autore fino ad arrivare alle Vedute. Questo tratto di sentiero è una continua presenza di croci, targhe e altarini, ogni paese del comprensorio ha voluto marcare la sua presenza e dare il proprio tributo a quello che sembra essere una sorta di cammino mistico verso il santuario della SS. Trinità. I quasi due chilometri fino alla macchina filano il leggera discesa sulla brecciata, incontriamo famiglie e bambini, molti gruppi che hanno apparecchiato i tanti tavoli per pic nic disposti dall’ente parco. Alla fine sono stati cinque chilometri e circa quattrocentocinquanta metri di dislivello complessivi, coperti lentamente in circa tre ore e poco più, una mattinata filata via con molta leggerezza; basta per approcciare meglio la città e la settimana lavorativa di domani. Basta per vedere ancora accesa la passione per la montagna sul volto di Marina.